Una guerra nuova in atto da anni…

Si riaccende il conflitto israeliano-palestinese.

Dalla Siria alla Striscia di Gaza i fronti mediorientali, da tempo sopiti o mantenuti a bassissima intensità si sono svegliati passando da un pavido sonno all’incubo di una nuova guerra, in una sera di ottobre al confine tra Gaza e Israele, nel deserto di Negev, così come è successo in altri attentati terroristici i giovani sono stati colpiti.

Una strage di ragazzi attaccati da razzi mentre ballavano ad un rave, 260 corpi ritrovati e centinaia di ostaggi israeliani nel tunnel di Gaza ormai assediata. Gli attacchi sono arrivati da ogni direzione, l’assedio è cominciato, mancano già luce, acqua e cibo, e il mondo ormai assuefatto dalla narrazione della guerra fra Russia e Ucraina ha spostato la sua attenzione su questa che non è l’ennesima guerra di Gaza ma molto di più, Hamas ha colpito e umiliato Israele, come il 6 ottobre 1973, migliaia di miliziani di Hamas infiltrati ovunque hanno seminato il terrore, hanno sparato, catturato gli ostaggi.

Non c’è pace in quella parte di mondo molto estesa che va dai regni di Israele e di Giuda dell’epoca all’attuale territorio della Siria e del Libano che fu la terra di Abramo.

L’orrore della guerra con la sua liturgia entrerà piano piano nel nostro quotidiano abituandoci alle news che cambiano da minuti in minuto, alle immagini delle fosse comuni, ai morti, agli orrori, alle urla della gente che non sa nemmeno perché sta pagando con la vita.

Questa però è una guerra che rischia di coinvolgere i paesi più forti, più attrezzati in fatto di armi e più potenti. La resistenza palestinese bussa alla porta iraniana per accreditarsi come guastafeste della normalizzazione israelo-saudita, quel processo di normalizzazione mediato dagli Stati Uniti rischia di saltare?

Un conflitto che inciderà a livello modniale sull’economia. I mercati spingeranno le loro altalene, tutto ciò che più di scellerato si potrà fare sarà fatto e ad ogni motivazione o domanda sul perché, saranno pronti a rispondere: è la guerra, come a voler concedere all’orrore il passpartù per entrare indisturbato ovunque.

La parola quindi alle armi e alla guerra, quella che uccide, che devasta, che violenta e determina, come in questo caso, il fallimento della politica internazionale.

Un conflitto antico che si rinnova in una fase politica delicata in cui la divisione sociale senza precedenti determinata dalla riforma della Giustizia voluta dal Netanyahu, appare quindi chiaro che l’attacco di Hamas e la successiva dura risposta di Israele rischia di far tramontare la normalizzazione dei rapporti tra lo Stato Ebraico e l’Arabia Saudita sostenuta dagli Stati Uniti oltre a mettere in imbarazzo all’interno del mondo arabo e islamico Marocco, Emirati Arabi Uniti, Bahrain e Sudan che hanno già normalizzato i rapporti con Gerusalemme in base ai cosiddetti “Accordi di Abramo”

Non si possono azzardare scenari ma il primo dato certo è il fallimento della politica securitaria israeliana, ma questo tra Israele e Palestina è un conflitto lungo e complesso, un conflitto territoriale e politico che dura da decenni. La radice del conflitto risale al XIX° secolo, le tensioni si sono acuite principalmente dopo la Seconda Guerra Mondiale e poi la creazione dello stato di Israele nel 1948 e il controllo dei confini, il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi, il controllo di Gerusalemme e altri problemi politici e territoriali sono stati i principali nodi di questa guerra che porterà oltre all’orrore un’impennata sensibile dei mercati petroliferi, ma Israele così la Palestina non sono grandi players petroliferi, il conflitto si svolge in una regione chiave più ampia per la produzione di petrolio quindi gli effetti sui mercati sono già in atto e poi toccherà al gas perché la guerra si sa, travolge tutto e tutti.


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