Il delitto di Giarre

Quasi abbracciati e mano nella mano, uccisi entrambi da colpi di pistola alla testa. Li hanno ritrovati così, il 31 ottobre 1980 – dopo due settimane di ricerche senza esito – sotto  un pino marittimo nella ‘Vigna del Principe’ a Giarre (Catania), i due ziti (fidanzati, ndr) come li chiamavano tutti nel paese alle pendici dell’Etna. Giorgio Agatino Giammona, venticinque anni, e Antonio Galatola, detto Toni, quindici anni, erano scomparsi dalla cittadina siciliana, in provincia di Catania, il 17 ottobre del 1980. Tra le voci che si fecero strada da subito, l’ipotesi che i due ragazzi fossero fuggiti insieme e che Giorgio, da tempo additato quale puppu cu bullu, un “frocio patentato”, avesse traviato un giovane innocente inducendolo a fare una fuitina

Giorgio e Toni

Dopo il ritrovamento le forze dell’ordine pensarono subito ad un caso di doppio suicidio, quindi di omicidio-suicidio. La mano destra di quello che verrà identificato come il cadavere di Giorgio stringe una busta inzaccherata con una lettera di cui si riesce a malapena a leggere le parole: “Io e Toni abbiamo trovato la pace… Mamma perdonaci”.  All’improvviso, la misteriosa confessione di un tredicenne, Ciccio Messina (cugino di Toni), che si autodenuncia come diretto responsabile per poi ritrattare immediatamente. Non è così, però, che sono andate realmente le cose. Non a caso, infatti, le indagini si infransero, tra molti punti oscuri, contro un muro di silenzio e di omertà.  

Oggi, la loro storia diventa un docu-film, in onda in prima visione assoluta il 28 giugno – cinquantaquattresimo anniversario dei Moti di Stonewall –  alle 22, su History Channel (Sky 411) e su Crime+Investigation (Sky 119) e presentato questa mattina in anteprima al ‘Maxxi’ di Roma, alla vigilia del Roma Pride (10 giugno 2023). “Il delitto di Giarre” è una produzione originale HISTORY Channel e Crime+Investigation, realizzata da B&B Film per A+E Networks Italia. Prodotto da Raffaele Brunetti e scritto da Gino Clemente e Lorenzo Avola, con la regia di Simone Manetti e la supervisione di Francesco Lepore, che è anche voce narrante. 

È proprio il giornalista e scrittore Francesco Lepore – autore dell’omonimo libro Il delitto di Giarre. 1980: un ‘caso insoluto’ e le battaglie del movimento LGBT+ in Italia, la cui seconda edizione aggiornata edita da BUR Rizzoli è disponibile dal 30 maggio – a raccontarli presentando il docu-film.  «Quella di Giorgio e Toni è la storia di amore e di morte di due giovani scomparsi nel nulla e ritrovati insieme, scarnificati e abbracciati l’uno all’altro. Con il libro e con questo docufilm si fa luce su un delitto di onore per lavare nel sangue l’onta dell’omosessualità», spiega.  

Frutto di una meticolosa ricerca e particolari inediti sulla storia di Giorgio e Toni, il docu-film – che prossimamente diventerà anche un podcast realizzato da Radio 24, in collaborazione con HISTORY Channel e Crime+Investigation, disponibile su tutte le piattaforme audio –  ospita il racconto di testimoni di eccezione come Enza e Rosita Galatola, sorella e nipote di Toni,  che parlano di «una ferita ancora aperta e mai rimarginata», e quella di padre Diego Sorbello, «un cappuccino con “metodi alla Padre Pio”, per i toni di rudezza che voleva celebrare i funerali dei due ragazzi in maniera congiunta ma gli fu impedito dai familiari si opposero». 

Ma non solo. Il docu-film, della durata di 90 minuti, oltre a presentare un’accurata ricostruzione dei fatti e a fornire, attraverso interviste esclusive, nuovi elementi e dettagli per tentare di far luce per la prima volta sul caso, racconta anche la protesta dei/delle militanti del FUORI! (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano) che scaturì proprio da quel tragico episodio e che contribuì a cambiare sensibilmente l’opinione pubblica, messa per la prima volta di fronte alla tragica realtà di due ragazzi uccisi per il solo fatto di amarsi. Una reazione che accelerò la nascita a Palermo di una storica associazione, l’Arcigay, con la quale inizia la seconda e nuova fase dell’attuale movimento LGBT+, tappa fondamentale di un lungo cammino che nel nostro Paese deve ancora essere completato, per una piena accettazione e tutela dei diritti civili. 

A raccontare quelle pagine di storia del movimento e del Paese, ecco le testimonianze di Attilio Bolzoni, giornalista con il quale il presunto assassino tredicenne ritrattò la sua confessione, di Paolo Patanè, ex presidente di Arcigay nazionale e conoscente di Giorgio e Toni, di Lia D’Urso, attivista lesbica e cofondatrice del FUORI! di Catania, e di Vincenzo Scimonelli, cofondatore del primo nucleo di Arcigay, di Franco Grillini, leader storico del movimento LGBT+, primo presidente di Arcigay nazionale ed ex parlamentare e di Pina Bonanno, attivista trans e cofondatrice nel 1980 del MIT – Movimento Italiano Transessuali (oggi Movimento Identità Transgender) «che seppe coinvolgere la politica e metterla alle strette». 

Rivendicazioni, quelle che il movimento portò avanti dopo i tragici fatti di Giarre, che tornano in piazza con il Pride capitolino e con tutti quelli che per tutto il mese di giugno (mese dell’orgoglio LGBT+) coinvolgeranno tantissime città italiane, portando con sé nelle piazze anche la memoria di Toni e Giorgio, i due ziti uccisi perché si amavano. 


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